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AMIANTO, 30 ANNI FA LA PRIMA CLAMOROSA SENTENZA

Trent’anni fa, a Monfalcone, la prima clamorosa sentenza contro l’amianto killer. Protagonisti l’Inas Cisl e la Fim. Ecco il racconto dell’allora direttore del Patronato, Salvatore Colella.

Risale a trent’anni fa, la prima sentenza in regione ed in Italia , che ha accertato la correlazione tra l’asbestosi polmonare e mesotelioma della pleura e l’inalazione di polveri di amianto, che all’epoca aveva provocato il decesso  di un operaio della Fincantieri di Monfalcone,  Lionello Burgni di Fiumicello.
La clamorosa decisione del Tribunale di Udine, datata settembre 1989, seguiva un’azione legale promossa contro l’INAIL di Monfalcone dal Patronato INAS-CISL di Gorizia, allora diretta da Salvatore Colella, con l’assistenza dell’avvocato Luigi Genovese e con la  consulenza tecnico-specialistica del pneumologo professor Corrado Serra, per conto della vedova Giuliana Zuppel.
La clamorosa sentenza si deve al pretore di Udine, dottor Corchio, che riconosceva, per la prima volta in Friuli venezia Giulia, che l’asbestosi di cui era affetto Lionello Burgni, e sempre negata dall’Istituto infortuni, era stata determinante e all’origine del tumore che successivamente aveva portato l’operaio alla morte.

Alla base del pronunciamento del pretore friulano, che rendeva finalmente giustizia alla vedova, dopo oltre tre anni dal decesso del coniuge, avvenuto il 6 maggio  1986 all’età di 58 anni, vi erano le relazioni del dottor Dino Dei, primario del servizio di fisiopatologia respiratoria e pneumologica sociale dell’ospedale di Udine e del dottor Massimiliano Romanelli, primario incaricato del servizio di anatomia patologica dell’ospedale di Pordenone.
Questi medici sostenevano che l’asbestosi polmonare fosse quella che più frequentemente si associava con il carcinoma del polmone e soprattutto con il mesotelioma della pleura, tanto da ritenere che l’asbesto svolgesse una diretta azione oncogena nei riguardi di tali neoplasie, anche molti anni dopo l’avvenuta esposizione alla polvere tossica (fino a 30 anni e oltre).
Nel caso dell’operaio dei cantieri navali di Monfalcone, che aveva lavorato per oltre quindici  anni in un ambiente dove si faceva dell’amianto, era apparso  molto probabile e verosimile  un rapporto di causalità tra la pneumopatia asbestosica della quale era affetto e lo sviluppo della neoplasia pleuro-polmonare che poi ne aveva provocato la morte.

L’INAIL  fu condannato quindi  al pagamento delle spese processuali e a corrispondere alla vedova dell’operaio cantierino, la rendita superstiti con le relative spettanze arretrate e gli interessi legali maturati.

Naturalmente questa prima sentenza oltre ad avere avuto una forte risonanza mediatica (il quotidiano locale Il Piccolo, nelle varie pagine di Gorizia, Monfalcone e Bassa friulana, titolava  a quattro colonne, “E’ colpa del cantiere” ,  “Amianto assassino”, “Un atto di giustizia!) ha avuto un grande impatto nella cantieristica, nelle Ferrovie dello Stato in tutti i luoghi di lavoro ed edifici ove era presente l’amianto. La FIM-CISL di Monfalcone, da parte sua, con un volantino dell’epoca, con il titolo “Purtroppo lo sapevamo…” rilevò come la sentenza del giudice di Udine potesse rafforzare ancora di più l’impegno del sindacato a tutela della salute in fabbrica e nell’ambiente di vita.